Un fucile per due

Martedì 16 settembre 2014. Apro il sito della Ciclistica Sampolese di presto mattino così per controllare se ci sono novità e cosa ti trovo? Una classifica aggiornata a domenica 14 settembre che non può essere vera. Ma come, mi chiedo, sul sito è riportato, nella finestra PROSSIMI APPUNTAMENTI, il ritrovo alle ore 8:00 e poi mi tocca leggere che anche coloro che sono partiti alle 8:30 si vedono assegnati i 5 punti di giornata. O io non ho ancora capito bene come funziona l’assegnazione del punteggio di giornata o qualcosa è da rivedere e la classifica da aggiornare. Domenica comunque è stata una giornata difficile. “Un fucile per due”, la si potrebbe intitolare o anche “L’uomo che sussurrava ai cavalli”. Solo in sei (6) alla partenza con la divisa ufficiale, Celestino no, indossava un completo nero Trek forse imposto dalla casa madre per l’uscita del nuovissimo telaio con freno a dischi (rumorosi) incorporati. Ancora una volta avevamo intrapreso la direzione sud, il Passo Scalucchia rappresentava la ciliegina di giornata, 105 i km da affrontare. Già sulle rampe del Pagoda avevo capito che la giornata sarebbe stata difficile e immediatamente avevo pensato a Joe e a Ramon, quelli di “Per un pugno di dollari”. “Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile, quello con la pistola è un uomo morto”. Ciclisti con la pistola eravamo io, Pietro, Danilo, Alfredo, Roberto, quello con il fucile ancora una volta Massimo. Elegante, poderoso, dalla pedalata continua e costante ci aveva fatto soffrire, non si era mai girato, non ci aveva mai ascoltato, non aveva mai cambiato il ritmo e se lo aveva fatto era stato solo per aumentare l’andatura. Mai più in futuro suggerirgli di rallentare, lui aumenterebbe l’andatura, mai più in futuro fargli presente che ci sono ciclisti a mare, lui accelererebbe, mai più implorarlo di diminuire l’andatura lui scatterebbe all’istante, in futuro lo si potrebbe informare che il gruppo è pur sempre compatto e forse, dico forse, a quel punto potrebbe girarsi e per una frazione di secondo farci così respirare. Ma cosa ci sarà nei silos di Olmo? Mangime per manze, mangime per tori ma soprattutto mangime per Massimo, questo è quel che si vociferava domenica scorsa. Chi aveva scollinato per primo a Vetto? Chi aveva scollinato per primo all’ospizio di Cereggio? Chi aveva guidato il gruppo a Succiso dove c’era la festa del fungo? Lui, sempre lui, l’uomo con il fucile. La discesa verso Ramiseto era stata piacevole e piacevolissimo era stato ascoltare il racconto del veloce ciclista padano che così ci aveva sussurrato: “ Non ricordo il giorno, non ricordo il mese e nemmeno l’anno perché è accaduto tanto tempo fa. Scendevo a gran velocità dal Ventasso – in quegli anni a gran velocità scendevo solamente, non era come adesso che a gran velocità affronto ogni tipo di percorso – e all’improvviso, poco prima di arrivare al bivio per Ramiseto, nell’affrontare una serie di curve chi mi ritrovo davanti in fila a bordo strada? Una lunga fila di cavalli. Impossibilitato a sorpassare per non procedere contro mano e contro macchine cosa potevo fare? Frenare, frenare, frenare. Avevo sì frenato ripetutamente, però non c’era stato niente da fare e per fermarmi avevo dovuto appoggiare la faccia contro il culo dell’ultimo cavallo. Vi assicuro che non era stata una bella esperienza per me, non so se lo sia stata per il cavallo”. Quel breve racconto mi aveva finalmente rilassato, da subito avevo pensato a Robert Redford, al protagonista di “L’uomo che sussurrava ai cavalli” anche se il bel Robert parlava all’orecchio del cavallo e non…….A velocità sostenuta, vorrei dire pazzesca ma potrebbe sembrare un’esagerazione, avevamo poi raggiungiamo la Lonza e lì le cose erano cominciate a cambiare. La nera Trek del Celo e la Time del Campione Sociale in carica parevano missili e tentare di seguirle era risultato problematico. Nel salire a Vetto al padano era cascato il fucile e ad impugnarlo era stato … chi se non Roberto? Una furia, una forza esplosiva, il primo a raggiungere la fontana di Vetto. La fatica, l’immane fatica era cominciata di lì a poco quando, per rincorrere il ciclista di Olmo che non si era fermato ad aspettare i ritardatari, i muscoli, i miei muscoli avevano cominciato a soffrire. Avevo cercato di dissuaderlo nella rincorsa, avevo provato a dirgli: “Roberto, è ormai troppo avanti ed abbiamo anche preso il rosso al semaforo della Cantoniera, non ce la possiamo fare”. Aveva alternato alcuni momenti di pedalata regolare con altri estremamente sostenuti perché probabilmente era combattuto tra il desiderio di andare a riprendere Massimo e il proposito di aspettare i ritardatari. Quando sulla rampa di Currada aveva intravisto la sagoma di un ciclista con la maglia della Ciclistica Sampolese avevo immediatamente capito che la soglia di dolore sarebbe ben presto aumentata. La sagoma non mi era parsa possente ma piuttosto esile ed in effetti il ciclista assorbito non era il padano ma Matteo. Un rapido conciliabolo tra Matteo e Roberto e poi ancora a velocità quasi proibitiva per me ci eravamo buttati all’inseguimento dell’apripista. Non so se sia stato più contento Roberto nel raggiungere Massimo o Massimo a farsi raggiungere da Roberto e dal resto del gruppo, quel che so è che una fatica così non vorrei farla mai più e che di uomini con il fucile domenica scorsa ce n’erano due.