Domenica 25 ottobre 2015

La prima cosa che ho fatto, una volta giunto a casa, dopo aver pedalato con gli amici dalle ruote larghe è stato ingerire 80 mg di ketoprofene sale di lisina. Non credo sia inserito nella lista dei prodotti dopanti, è un medicinale per il trattamento sintomatico di stati infiammatori associati a dolore. Sono bastati 39 km di sentieri erbosi, carraie sassose, tratti fangosi che mi hanno ricordato il pongo, tratti sterrati il più delle volte larghi come mulattiere, salite micidiali affrontate e superate solo con il 42 (il numero di scarpa), discese effettuate con la bici per mano a confermarmi quel che sapevo già: la MTB non fa per me però spingerò nuovamente i suoi pedali perché non voglio arrendermi dopo la prima uscita. Oggi, 25 ottobre 2015, ho tradito gli stradisti ed ho seguito l’invito del Campione Sociale ancora in carica. La scelta non è stata uno sgarbo nei confronti di chi lo avvicenderà ma un gesto dovuto perché nelle regole non scritte della Ciclistica Sampolese c’è anche quella che invita a non lasciare mai da solo il Campione Sociale. Solo non lo sarebbe comunque stato perché alla partenza, nella piazzetta della piadineria siamo in 18. Non conosco i nomi di tutti e per non fare differenza non ne citerò nessuno, anzi no, quello delle due ragazze li riporto ma in ordine alfabetico: Daniela e Seila. Volti nuovi, volti già incontrati a Cadimare, volti conosciuti da una vita. Sono bastati pochi km per capire la differenza tra l’essere uno stradista ed uno pseudo pedalatore MTB. Con la superleggera ho provato la fatica ma non ho mai provato la tensione mentre oggi sulla MTB Cannondale, ormai vintage, la tensione si è manifesta subito. Dopo il primo tratto erboso, dopo le prime difficoltà sul tracciato impervio ho cominciato a soffrire per il dolore ai muscoli del collo e della spalla. Ci sono punti in comune e diversità tra il gruppo degli stradisti e quello delle ruote grandi. In comune c’è il non saper esattamente dove andare quando ci si ritrova alla partenza, il non essere tutti concordi nella scelta effettuata, essere solidali con chi è in difficoltà, il conversare amabilmente, partire in tanti e poi perdere per strada qualcuno. Due fondamentalmente sono invece le diversità che contraddistinguono i due gruppi. Gli amici della MTB si sparpagliano sul percorso come fanno solitamente anche gli stradisti però poi, a differenza dei pedalatori della superleggera, si ricompattano sempre, aspettano l’ultimo del gruppo e addirittura, come è capitato oggi, ritornano indietro alla ricerca di un ciclista dato per disperso ma presente invece nella testa del gruppo. La seconda differenza è quella più importante. I bikers non cadono dalla bici ma atterrano delicatamente a terra. Oggi delicatamente a terra ne ho visto più d’uno e tra questi anch’io e il Campione Sociale. Lo abbiamo fatto per solidarietà? No, lo abbiamo fatto perché siamo un tantino imbranati. I panorami autunnali nel fitto del bosco sono un bel ricordo, la salita sul Monte Tesa pure, la discesa di Casalino è stata fantastica però se penso a quella di Campotrera e a quel piccolo anello in prossimità del Melograno di Rossena – dove nel tratto in discesa avere a disposizione un paracadute sarebbe stato utile – rispunta il dolore ai muscoli del collo e della spalla. Una preghiera cari amici bikers: “Il giorno 8 novembre quando altri stradisti dovrebbero unirsi a voi per provare l’emozione del fuori strada proponete, per favore, un itinerario con grado di difficoltà facile o molto facile, ve ne saremmo grati”.

Ermes

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